SERGIO BONELLI PRIMA DI TEX.
Davide Castellazzi dice:. "Nel 1939, quando inizia a frequentare la Redazione Audace, Sergio Bonelli è ancora un bambino. Nato a Milano nel 1932 da Gianluigi e Tea, il piccolo Sergio cresce in mezzo a pagine di fumetti e in stretto contatto con una serie di artisti importanti, a cominciare con il padre, già sceneggiatore attivo". (45)
"Il giovane Sergio cresce con l'ammirazione per il geniale e vulcanico padre, uno dei principali architetti del 'Teen Dream', al momento, tenendo conto del peso che avevano i 'fumetti' tra i giovani italiani." (126)
Sergio: " 'Quando ero un bambino ho visto in casa tutti i fumetti per i quali mio padre ha lavorato:' Rin-Tin Tin '' Il Vittorioso'. E poi le mie prime letture erano anche le sue: La letteratura popolare della famosa biblioteca Sonzogno, Conrad, London e Zane Gray, in particolare. Mi spinge verso il mondo dei sogni e dell'avventura. Poi, poiché lui è appassionato di cinema, mi portava con lui, e le scelte per fortuna mia erano sempre film avventurosi, dinamici. Questo mondo è un sogno che per tutta la vita mi ha inseguito. ancora oggi, pur avendo molti altri interessi, non trascuro mai il lato dell'avventura'. E' in questo clima che, in un decisamente fertile terreno, sono stati seminati i semi della passione per la narrazione a fumetti che, successivamente, sarebbe germinati creando le doti di sceneggiatore di Sergio. "(109)
Sergio Bonelli:" ... lo ricordo come un padre speciale, fisicamente molto bello, sempre vestito in un modo particolare, sportivo, nuota molto bene e va a vela. A casa poi utilizza il vogatore e il punchingball, oltre a frequentare incontri di boxe in palestra. Palestra, da cui lo vedo a volte tornare con, sul viso, le tracce di una qualche colpo andato a segno. Ho un'immagine di lui, insomma, che mi va bene, anche perché non interferisce mai nella mia attività di ragazzo. Mi piace anche che, quando può mi porta al cinema a vedere un buon western, mi regala un bel libro di avventure ... e mi piace che si tratta di uno scrittore di fumetti. "(71)
"Sergio ricorda quei giorni e l'atmosfera di cui è stato testimone, anche con gli occhi di un bambino di poco più di otto anni: 'L'uscita del primo numero di Furio Almirante ha fortemente influenzato l'esistenza della nostra famiglia per molte ragioni. In primo luogo, ha insinuato l'elemento del rischio e dell'insicurezza in uno stile di vita già segnato da guadagni modesti ma dalla fiducia che viene a mio padre da collaborazioni a giornali come 'il Vittorioso', e in secondo luogo ha causato uno sconvolgimento anche 'fisico', dal momento che la redazione della casa editrice nascente è stata improvvisata nella sala da pranzo dell'appartamento di due stanze in Via Rubens, dove abbiamo vissuto per un paio di anni (Foto n. 1: una giovanissima Tea Bonelli tè nella prima sede della casa editrice). Anche se può sembrare incredibile, l' unico dipendente era un ragazzo tuttofare che, con il passare del tempo, sarebbe diventato il mio grande amico e prezioso disegnatore: Franco Donatelli. Privato di buona parte del mio spazio vitale, in un piccolo appartamento, mi consolo con il privilegio di guardare in anteprima le prove delle poche pagine che costituivano 'L'Audace'". (44)
Sergio Bonelli: "Quando ero alle elementari, e mio padre Gianluigi Bonelli veniva a prendermi, mi faceva passare davanti ad una pasticceria e mi metteva di fronte al grande dubbio: un marron-glasse o un fumetto? Non avevo dubbi e andavo a comprare 'Topolino' ". (48)
Sergio: "Gli devo la passione per la lettura, perché in casa mi ha sempre fatto a trovare libri di autori della letteratura inglese: Joseph Conrad e Zane Gray, passione che mi ha anche fatto andare al cinema (andavamo spesso insieme) e per la vita dinamica" . (3)
Ancora Sergio: "Uno dei tanti privilegi inestimabili che mi sono derivati dall'avere un genitore così speciale è costituito dall'entusiasmo con cui mi ha fatto partecipe delle strade che lo avevano portato a quel mondo di sogno dove si sarebbe mosso per tutta la vita . Come potrei dimenticare la Domenica pomeriggio schizzando da un film un altro film, alla ricerca di un 'Capitan Bood', un 'Tarzan', un 'Frankenstein' o un Tom Mix? E come potrei dimenticare la dolce insistenza con la quale avrebbe superato la mia riluttanza ad affrontare letture (Zane Gray, Henry Rider Haggard, Rafael Sabatini, Alexandre Dumas e lo stesso Jack London), che, per i miei 7-8 anni sembrava troppo rispetto ai miei amati fumetti? In breve, il padre Gianluigi Bonelli aveva tutti i numeri per avere l'ammirazione di suo figlio ... A completare il fascino ha contribuito, poi, anche il suo aspetto fisico, molto vicino a quello degli eroi dello schermo, e, in particolare, la vocazione sportiva, che ha messo in luce nelle situazioni più imprevedibili. Infatti, ero orgoglioso quando, in questa o quella palestra di Milano, lo vedevo incrociare i guanti grintosamente con pugili più esperti di lui. E anche quando, sotto gli occhi ammirati di tutti i bagnanti, va a vela sulle onde del Mar Ligure, ostentando uno stile, il 'crawl', che, in quei tempi, apparteneva solo a Johnny Weissmuller, campione olimpico reso famoso dai film di Tarzan . Per di più, manovrava la barca a vela con l'aria di un vecchio lupo di mare ed era l'unica barca che, ancora una volta sotto lo sguardo preoccupato e pieno di rimprovero dei bagnanti di cui sopra, usciva in mare anche quando le condizioni meteo erano proibitive". (4)
"L'appartamento di via Rubens, a Milano, dove viveva la famiglia viveva Bonelli era diventato un punto di incontro per molti giovani disegnatori di talento, destinati a diventare dei Maestri". (46)
E il "bravissimo sceneggiatore Federico Pedrocchi" (108), che, come vedremo, conoscerà Aurelio Galleppini (e se avesse presentato il disegnatore Galleppini allo scrittore Gianluigi Bonelli, Tex sarebbe nato prima della guerra, e avrebbe anche incontrato la censura fascista ... ma ora basta con i se).
Dice Sergio: "Davvero un bel gruppo di amici che hanno seguito con affetto e attenzione il progetto audace che aveva ideato mio padre". Altrettanto amici del Bonelli erano anche alcuni editori più esperti e già inseriti sul mercato, che permettevano al piccolo Sergio di avere i libri pubblicati da loro. Sergio Bonelli ben racconta gli anni della sua infanzia ad Alberto Cassani di 'Ink On Line': "Quan'ero bambino ho visto a casa tutti i fumetti per i quali mio padre ha lavorato: 'Rin Tin - Tin', 'Il Vittorioso'". (49)
Sergio racconta: "Io, che avevo, a quel tempo, sette o otto anni," era il 1939-'40 "Ero un appassionato lettore di fumetti che erano spesso presentati da altri editori, amici di famiglia. La nostra casa in via Rubens, a Milano, già piccola per la vita quotidiana della nostra famiglia, era stata trasformata in redazione e, giorno dopo giorno, divenne un vero luogo di incontro per tutti, che spesso facevano onore alla cucina di mia madre e rimanevano a chiacchierare con mio padre fino a tardi, e io li guardavo e ascoltavo con rispetto e ammirazione. Tra questi c'erano tutti i grandi autori che hanno gettato le basi del fumetto italiano; accanto a me, come un fratello maggiore, così come ragazzo tuttofare e apprendista disegnatore, Franco Donatelli ". (47)
"L'editrice' è costantemente frequentata da artisti e scrittori che consegnano o ritirano tavole e, molto spesso, Tea li invita generosamente a fermarsi per il pranzo o la cena." (112)
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IL REGIME E IL FUMETTO.
"Il 1938 fu un anno cruciale per il destino dei fumetti di importazione. All'inizio di quest'anno, la rivista fascista 'Giovanissima' inizia una feroce campagna di stampa contro i settimanali che (come 'L'Avventuroso', 'L'Audace' e 'Topolino') pubblicavano avventure di personaggi americani giudicati troppo violenti e immorali, e quindi considerati pregiudizievoli per la formazione spirituale dei giovani 'Balilla'." denominazione al momento del fascismo, dei ragazzi tra gli 8 e i 14 anni "Immediatamente, altre riviste educative si unirono a 'Giovanissima', lanciando un grido di allarme". (73)
"Sulla base di questa violenta campagna di stampa, il Ministero della Cultura Popolare decide di organizzare per il novembre dello stesso anno un congresso nazionale per la letteratura giovanile, all'interno del quale gli esperti avrebbero discusso sui fumetti, concludendo all'unanimità che tutto il materiale di importazione americano doveva essere sostituito in breve tempo da materiale italiano. il Ministro della Cultura popolare Dino Alfieri colse l'occasione per emettere una circolare in cui invitava tutte le riviste illustrate per ragazzi che pubblicano materiale di importazione a farlo sparire, e sostituirlo entro la fine dell'anno con nuove storie, scritte e disegnate da autori italiani e ispirate ai principi della formazione fascista". (74)
"Se è vero che, all'inizio, a seguito dell'emanazione delle direttive del ministro Alfieri relative alle riviste per adolescenti, tutti gli editori del settore sono stati costretti a sbarazzarsi di ogni serie di fumetti di importazione o semplicemente d'ispirazione americana, è altrettanto vero che in seguito (quando l'urto della censura sarà cessato) quegli stessi cominciarono ad apparire di nuovo. I disegni originali erano contraffatti, eliminando ogni situazione incompatibile con il clima dell'Italia fascista e sovrapponendo i nomi italiani a quelli degli autori originali. Furono adottati una numerosa serie di trucchi che hanno permesso agli editori di pubblicare sul loro periodico materiale che avevano continuato ad acquistare dal king Features Syndicate, pubblicando gli eroi dei fumetti americani camuffati. "(5)
"La dichiarazione di guerra statunitense portò alla rottura definitiva dei rapporti degli editori italiani e il King Features Syndicate: i fumetti americani sarebbero tornati solo dopo lo sbarco delle forze di occupazione alleate. Mondadori (precedentemente graziato) dovette abbandonare i personaggi della saga disneyiana, che aveva fatto la fortuna di 'Topolino'". (6)
"Alla fine del 1938, scriveva 'La Stampa' di Torino: 'In Italia si pubblicano una trentina di riviste di fumetti: cinque di loro superano un centinaio di migliaia di copie, una dozzina oscilla tra le 50 e le 80 mila con una tiratura complessiva di circa due milioni e la vendita di un milione e mezzo di copie. Se si calcola che ogni numero passa per le mani di almeno tre ragazzi, possiamo concludere che ogni settimana più di tre milioni di giovani lettori sono appassionati, fanno il 'tifo' più scalmanato per i loro eroi, che non hanno le forme e lo spirito italiano, se non addirittura antiitaliani.". (7)
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IL MODELLO AMERICANO.
"Le ragioni di un successo di questa portata sono complesse e articolate e radicate nel tempo. Alla fine del diciannovesimo e nel primo decennio del XX secolo, infatti, l'Italia e tutta l'Europa c'era grande euforia nella civiltà Occidentale, dopo la seconda rivoluzione industriale e la fede indiscriminata nel progresso scientifico e il costante miglioramento della condizione umana che sarebbe seguito. L'ottimismo di questo breve periodo storico, tuttavia, fu letteralmente spazzato via dallo scoppio della prima guerra mondiale. L'Europa decadente cominciò a guardare al modello americano con sempre maggiore ammirazione, dando il proprio consenso incondizionato a una nazione giovane e ricca, per la sua fiorente economia, l'alto sviluppo tecnico-scientifico, il benessere e il consumismo diffuso e certe forme popolari di intrattenimento e di evasione caratterizzato da grande innovazione e gli spettacoli come il jazz, la danza, il cinema, lo sport'. (8)
"Il romanzo poliziesco, però, almeno inizialmente, fu tollerato dal regime, in quanto si prestava a essere sfruttato a fini propagandistici. Per questi prodotti, si tendeva a evidenziare l'origine, in modo che i lettori avrebbero associato immediatamente l'idea di Stati Uniti a quella di una società degenerata, in balìa della criminalità organizzata. Se il fascismo era convinto di essere in grado di utilizzare le 'spy story' e i fumetti d'avventura per scopi di propaganda, per convalidare l'immagine di un America corrotta e immorale, ha dovuto presto accorgersi che l'effetto è stato l'opposto. Ciò che era l'intenzione dell'apparato di propaganda del regime, quello di costituire un attacco ai valori espressi dall'America utilizzando i propri canali di mediazione, si è rivelato un'arma a doppio taglio, perché proprio con essi (anche con i film di Hollywood e la musica jazz) avrebbe contribuito a creare nelle giovani generazioni lo stesso mito che si sarebbe voluto intaccare. "(9)
"La lettura delle serie a fumetti e il consenso incondizionato concesso ai valori espressi in essi sono stati i primi segni di critica, sotto forma inconscia, di un'intera generazione di italiani, che hanno fatto di quelle pagine colorate la loro piccola sfida a politici, educatori e genitori. Umberto Eco (nato nel 1932) ha giustamente descritto come la lettura dei fumetti '' costituì per gli adolescenti degli anni '30 un vero e proprio elemento di opposizione e ribellione, anche se forse inconsciamente." (10)
"Certo, può sembrare quasi esagerato dire che Gordon e i suoi compagni sono serviti nel clima politico e culturale degli anni Trenta per vaccinare molti lettori contro la propaganda di regime, ma è inutile negare il fatto che, grazie alla loro immagine estetica e le loro qualità di virtù e coraggio, hanno costituito per i giovani italiani del fascismo la prima vera trasgressione della dottrina di obbedienza che il fascismo aveva cercato di infondere. C'era in loro qualcosa di nuovo e dinamico, l'assoluta modernità ha subito catturato l'immaginazione dei lettori. Il ritmo narrativo del fumetto d'avventura, simile al cinema, ha invitato il lettore a un'accelerazione dei processi percettivi e intellettuali per adattarsi a una realtà che, anche se fittizia, è attraversata da un dinamismo intenso. Si può presumere che ciò ha contribuito a suscitare l'impazienza lettori per un ambiente sociale sostanzialmente statico, preparandoli così all'apertura verso il nuovo e il cambiamento. L'alterazione del senso dello spazio, l'insolito, il sorprendente, l'esotico, gli orizzonti avventurosi offerti dal fumetto contribuirono ad aprire l'immaginazione dei lettori a cui si rivolge ad un altro luogo di sogni e di avventura, più affascinante dei miti, dei riti e degli spettacoli del fascismo. Il fumetto avventuroso, senza essere intenzionalmente e intrinsecamente antifascista, finisce per diventarlo, costringendo i lettori ad un confronto tra le prospettive di avventura insolite e la realtà dell'Italia fascista li portano a una scelta che va a vantaggio del primo. E questa apertura contro un altra realtà, diversa da quella che il fascismo ha decretato come l'unica e la migliore, è una cosa che il regime nella sua vocazione assolutista non può tollerare' "(11)
"Per i giovani e gli adolescenti (di solito maschi, ma anche femmine), che dopo il 1938, nonostante le raccomandazioni dei genitori e le disposizioni del Ministero della Cultura Popolare, hanno continuato a procurarsi clandestinamente le avventure dei loro eroi preferiti, la lettura e lo scambio sottobanco di queste letture probabilmente hanno rappresentato la prima vera ribellione ai valori e al sistema. Questo rifiuto, in alcuni dei lettori che avrebbero chiesto a Nerbini di pubblicare ancora 'L'Avventuroso', la serie a fumetti che era stata censurato, si sarebbe trasformato in seguito in rifiuto del sistema politico e sociale". (12)
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REAZIONE FASCISTA.
"La reazione contro i fumetti è stata tempestiva. Se nel 1934 i fumetti americani avevano fatto la loro prima apparizione ufficiale su 'L'Avventuroso', Gherardo Ugolini ha assunto nel 1936, sulla base di un sondaggio di sedici riviste per i bambini: 'Di tutti i giornali, ad eccezione di due o tre, nessuno ha le qualità educative ed estetiche che dovrebbero avere le pubblicazioni dedicate ai bambini. Essi sono preparati con l'intento di una speculazione commerciale, tuttavia attirano l'attenzione e la simpatia dei giovani lettori. I motivi principali per cui gli acquirenti possono essere riassunti in tre punti: I - per le numerose illustrazioni che adornano le storie e, talvolta, sostituiscono quasi completamente il testo; II - per i racconti avventurosi sempre desiderati e quelli umoristici dove a volte i protagonisti assomigliano agli attori cinematografici americani noti ai ragazzi; III - per i regali che di tanto in tanto sono uniti al giornale. E' chiaro a tutti il danno che deriva ai ragazzi dalla lettura di storie di una fantasia esagerata, a volte sconveniente." (13)
"Dalla lettura dell'articolo di Ugolini (pubblicato dalla autorevole rivista 'scuola moderna italiana' e, quindi, implicitamente approvato dalla comunità educativa italiana), è chiaro che i fumetti d'importazione non sono stati considerati solo 'teppisti',' inadeguati 'e' perniciosi, ma anche 'antiitaliani' e 'sovversivi'. Dal momento che, mostrando ai lettori italiani contesti sociali e culturali diversi, e offrendo loro tipi umani incredibilmente assomiglianti ad attori del cinema americano, hanno turbato l'integrità spirituale e hanno disturbato l'identità nazionale". (15)
"Nel 1937 il dibattito sulle riviste per ragazzi ha cominciato ad essere più vivace. Nel mese di aprile è apparso sulla rivista 'L'Orto' un articolo appassionato, che (pur ammettendo la necessità di una riforma delle riviste per adolescenti) scarti a priori la proposta avanzata da alcuni settori della stampa di tornare al vecchio modello della stampa educativa e invece propongono di appropriarsi delle innovazioni grafiche americane, i 'fumetti' che li utilizzano per raccontare storie italiane, il cui contenuto sia più appropriato ai nostri lettori: Dobbiamo fare in modo che Flash Gordon da americano diventi un italiano, da biondo diventi bruno, mantenendo intatte le sue caratteristiche di uomo coraggioso e fiero, anche se fuori dall'ordinario agli occhi delle madri e delle vecchie maestre. Dobbiamo fare in modo che la maggior parte della stampa americana o americanizzata, i suoi insegnamenti e le esperienze, non si perda, ma siano orientati in modo italiano. Le avventure con 'cowboy', i 'gangster', i romani di Hollywood siano sostituiti con quelle con i nostri esploratori, marinai, soldati, ecc. le avventure dei nostri coloni e legionari in Africa'. "(16)
"Alle aperture possibiliste che abbiamo appena letto, si oppone in pochi mesi il direttore educatore del Centro di formazione nazionale di Firenze, che nel mese di agosto pubblica un articolo su 'meridiano di Roma', in cui (a partire dal contenuto volgare e diseducativo di i 'fumetti') chiede l'intervento diretto del Regime, per mezzo sia di stretta vigilanza contro l'uscita di materiale pericoloso, sia attraverso l'impulso dato alle buone riviste per i ragazzi. La chiamata non rimase inascoltata. Entro la fine del 1937, il il ministro per la cultura popolare Dino Alfieri fa un discorso al Senato in cui ha deplora la natura di giornali stranieri immorali e si ripropone di prendere delle misure in questo senso. "(17)
"La prima misura è stata una circolare ministeriale, nel mese di gennaio 1938 per i direttori di tutte le riviste illustrate per ragazzi. Il settimanale cattolico di Cremona 'La vita cattolica' pubblica il testo della circolare, in cui si afferma: 'Si sono trovate illustrazioni e scritti nei giornali illustrati di un tono assolutamente contrario allo spirito con cui il Regime intende educare i giovani italiani. La mostra di nudità, immagini di donne in pose equivoche, una sensualità torbida diffusa, costituiscono altrettanti elementi negativi ad una formazione sana e vigorosa. Dobbiamo guardare ad altri argomenti, in particolare alla esaltazione della vita, della casa e dei campi. Si devono scegliere i soggetti, i tipi, gli autori italiani, non da ultimo nel campo del cinema, piuttosto che quelli stranieri. l'Italia, la madre di bellezza, eleganza e l'arte, non deve andare a ricercare gli ideali estetici e morali all'estero. E'e 'quindi necessario dare un carattere completamente diverso alla stampa settimanale illustrata e desideriamo che questa trasformazione, seppure non immediata, tuttavia sia totale e rapida'. "(18)
"L'articolo da cui è stato ricavato il testo della circolare alfieriana proseguiva precisando che: 'L'Azione cattolica sottolinea entusiasticamente la circolare del ministro, sicura che, in una immediata esecuzione, migliorerà la stampa illustrata e troncherà l'immondo mercato di seduzione di carta che tanto tenta e corrompe la gioventù'. La Chiesa, e le sue associazioni laiche, concordavano pertanto col regime, a non rimandare una campagna di moralizzazione della stampa, vero e proprio strumento di corruzione delle nuove generazioni". (19)
"Un articolo di monsignor Cesare Rosa, pubblicato nel luglio del 1938 sempre sullo stesso settimanale cattolico, dopo aver elencato numerosi casi di 'intossicazione cinematografica', proseguiva con un discorso di rimprovero contro il veleno dei fumetti. Tra le altre cose, vi si leggeva: 'C'è un'altro veleno che il giovane assorbe avidamente e che è forse il più potente: la stampa periodica e il libro cattivo. Si tratta di una vera e propria infezione. Nessun agente esteriore esercita una influenza più decisiva sulla mente, sul cuore e sui sensi del giovane quanto il periodico domenicale o il libretto cattivo che egli può acquistare dovunque con pochi soldi. C'è una zona dove l'infezione permane ancora; c'è una cattiva convergenza di interessi di bassa speculazione (scrittori, editori, tipografi, fotografi, traduttori) che getta sul mercato troppa merce avariata, troppa audacia, arroganza, licenziosità di nudi, troppa letteratura di cattiva qualità, copiata o tradotta dalle pubblicazioni straniere, e che va diritto a intaccare la integrità spirituale e fisica della stirpe. In questo settore la disinfezione è più difficile ma non meno necessaria. C'è un modo infallibile e semplicissimo per non subire l'azione tossica dei veleni: lasciarli, sotto buona custodia, negli scaffali delle farmacie. C'è un modo parimenti infallibile e facilissimo per non intossicare l'anima: lasciare ai librai e ai giornalai la loro merce avariata. C'è un verbo, brutto nel conio, ma significativo nel contenuto: boicottare. A proposito di stampa velenosa questo verbo potrebbe e dovrebbe diventare una consegna per l'italiano nuovo. E' il modo più elegante, più pulito e più fascista per toglierla dalla circolazione e salvare così la sanità morale della Nazione'" (20)
"I provvedimenti del regime non si fecero attendere a lungo. Nel gennaio del 1938 la rivista fascista 'Giovanissima' inaugurò una violentissima campagna di stampa contro i fumetti americani e i loro eroi, proseguendola fino al congresso di Bologna e all'emanazione delle disposizioni del Ministero della Cultura popolare in materia di stampa periodica per ragazzi". (89)
"Nel numero di gennaio della rivista Mario Padovini denunciava: 'I fanciulli di oggi saranno gli uomini di domani: non si può prevedere quali effetti produrranno tali letture: e l'Italia, imperiale e fascista, ha bisogno di uomini sani di mente e di corpo, non di delinquenti o di viziosi'" (90)
"Inoltre, i 'comics' americani non attentavano solamente al pudore e alla integrità morale della gioventù italiana, bensì anche alla genuinità della lingua italiana, dalla quale il nuovo lessico fascista stava tentando di eliminare qualsiasi vocabolo di derivazione straniera" (91)
"L'avventura culminante nell'eroismo: proprio in questo concetto era possibile ravvisare l'intima divergenza tra il fumetto d'avventura fascista da quello americano. Il fascismo infatti gradiva l'atmosfera intrepida e audace delle storie a fumetti, ma ripudiava allo stesso tempo decisamente l'avventurismo di matrice americana, fondato su una nozione di avventura fine a se stessa, in quanto sprovvista di finalità più elevate. Dal punto di vista del regime, l'unica avventura degna di essere narrata era quella a sfondo bellico-patriottico, incentrata sulle intrepide gesta compiute dagli eroi italiani di tutti i tempi, tese ad accrescere la gloria della nazione. Per questo 'Il Vittorioso', il settimanale a fumetti forse più ligio alle direttive del Ministero della Cultura popolare, si caratterizzò fin da subito per questo tipo di avventura e inserì nelle proprie linee programmatiche anche il proposito di 'dare un fine superiore all'avventura che tende alla vittoria'" (92)
C'è inoltre da mettere "in luce l'ennesima sostanziale differenza esistente tra gli 'adventure comics' e il fumetto fascista, il quale accettava l'iniziativa individuale dell'eroe, ma la depurava delle sue potenzialità eversive," che mira cioè ad abbattere e distruggere istituzioni, ordinamenti politici e sociali, tradizioni "sottomettendola all'ordinamento gerarchico. Risulta chiaro, ancora una volta, il ripudio del modello superomistico di matrice americana: laddove l'eroe statunitense era dotato di una completa autonomia decisionale e non era tenuto a chiedere a nessuno il permesso in quanto autolegittimato dalla propria vocazione giustizialista, quello fascista procedeva a ranghi serrati, obbedendo agli ordini impartitigli dai suoi superiori. L'estremo individualismo che caratterizzava il superuomo americano appariva drasticamente circoscritto nel fumetto italiano dell'epoca dal principio della subordinazione gerarchica, che fondava l'eroismo su base collettiva". (93)
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