FINISCE LA GUERRA.
"Avevo 27 anni quando scoppiò la pace. Mi ritrovai congedato, disoccupato, senza una lira, in una città semidistrutta, quasi deserta dei suoi abitanti, ancora sfollati nell'interno dell'isola, dove si era rifugiata anche la mia famiglia. In compenso Cagliari brulicava di soldati americani, tutti immancabilmente alla ricerca di 'souvenir'. Mi ingegnai, con la collaborazione di mio cognato, presso il quale vivevo (la sua era una delle poche case rimaste in piedi), perché le loro aspettative non andassero deluse. Il mio 'socio' procurava il materiale, raccattando tra le macerie delle case diroccate le stecche delle persiane e le piastrelle di maiolica" ceramica "rimaste intatte: su di queste dipingevo con pochi tocchi soggetti di carattere folkloristico sardo, che incorniciavamo elegantemente con le stecche delle persiane". (51)
(pensate che forse si potranno ritrovare nei mercatini americani dell'usato)
Gli americani ci pagavano con le 'amlire'" lire militari alleate, monete d'occupazione introdotte dal comando alleato, doveva essere usata nei pagamenti effettuati dai comandi e data ai militari per i loro rapporti con i civili "e talvolta con pacchetti di sigarette e scatolame. Solo così riuscivamo a sopravvivere fra tanta desolazione; anche perché, a parte qualche bancarella che vendeva in periferia arance e fichi d'India, non c'era proprio nulla da comprare. Quell'attività diede presto i suoi frutti: io mi presi il vizio di fumare e nelle nostre tasche si accumulò una grande quantità di 'amlire' con le quali in quel momento avremmo potuto fare delle spese pazze. Ma dove? Tutto era distrutto, mancavano anche i beni di prima necessità e i collegamenti col continente non erano stati ancora ripristinati. Con il passare del tempo gli sfollati incominciarono a tornare a Cagliari e la vita andò lentamente riprendendo. Ripresero anche le comunicazioni con il continente e con queste arrivò la svalutazione delle nostre 'amlire'. Addio sogni di ricchezza!" (146)
"Ma Galep non rinunciava al suo sogno di artista, di disegnatore ispirato". (145)
Con quello che mi rimase feci incetta di tutto il materiale da disegno e pittura che riuscii a trovare e ripresi a fare studi dal vero, in bianco e nero e a colori. Dipingevo di tutto: paesaggi, nature morte e ritratti, per i quali mi sentivo molto portato. Mi applicai anche con impegno a studiare l'anatomia umana, su vecchi libri che potei procurarmi. Realizzai inoltre molti studi dal vero su cadaveri sezionati, approfittando della complicità di amici studenti di medicina, che mi fecero accedere alla sala sezionatura dell'università medica di Cagliari. E così, imprevedibilmente, mi ritrovai nei panni del pittore. La città, che riprendeva velocemente i suoi ritmi e quasi d'inerzia si proiettava verso un'espansione e un attivismo mai prima conosciuti, mi trovò armi e bagagli pronto per la nuova avventura: partecipai a mostre collettive, ne allestii qualcuna anche personale e in breve mi feci conoscere e apprezzare e, quel che più conta, vendetti molti quadri. Grazie a questa nuova fama d'artista ottenni anche l'incarico per l'insegnamento del disegno in due istituti di Cagliari". (152)
"La scuola media dei salesiani e il liceo artistico". (153)
"Nel '46 feci due o tre mostre personali". (171)
"Di questa attività mi è rimasto ben poco: qualche studio a matita di paesaggi e persone, alcuni ritratti a olio e qualche fotografia in bianco e nero dei quadri venduti. Il successo mi spalancò le porte anche in altri settori 'artistici': i gestori dei cinema locali mostrarono di apprezzare molto il mio stile per i cartelloni di programmazione dei film ed io non mi tiravo indietro. Per ogni film eseguivo un piccolo bozzetto; quando ero soddisfatto della resa, lo riproducevo su grandi fogli di carta da imballo, acquistati in rotoli, stesi sul pavimento. Preparavo i colori da me, con terre sciolte in acqua e con l'aggiunta di un pò di colla da falegname e l'effetto non era tanto lontano da quello ottenuto con gli odierni colori acrilici. Per l'esecuzione lavoravo stando in piedi sulla carta distesa e muovendo artisticamente un manico di scopa a cui avevo legato un grosso pennello di setola. Contemporaneamente accondiscendevo alle richieste di qualche disegno pubblicitario per la stampa locale. Insomma, nel mio piccolo mi ero fatto un nome. Del lavoro di disegnatore di fumetti non se ne parlava e d'altra parte non feci nulla per riprenderlo. Il passato regime aveva lasciato dei pregiudizi sui fumetti, per cui era quasi una vergogna leggerli e tanto più farli". (147)
"E fu in quegli anni del dopoguerra che le autorità scolastiche e certa parte del mondo politico, riprendendo alcuni dei pregiudizi del passato regime, si scagliarono sempre più veementemente contro i fumetti". (148)
"Con la reputazione ormai acquistata di pittore e con l'incarico di docente di disegno nelle scuole, guai se avessero collegato il mio nome al Galleppini autore di fumetti! Per fortuna i più severi censori di 'certa stampa deteriore, causa di danni irreparabili nella formazione e nella psiche dei ragazzi' mostravano anche notevole ignoranza (per lo meno nell'ambito dello specifico medium del fumetto), sicché, con la morte nel cuore, ma senza il patema di censure a mio carico, mi capitò pure di strappare in modo teatrale, davanti alla scolaresca, per ordine del preside, alcuni giornaletti trovati in mano agli alunni; qualcuno era mio; ma è improbabile che sia stata percepita la mia momentanea esitazione, prima di lacerare con stoica fermezza quelle mie 'creature' rinnegate...Beh, proprio rinnegate no! Bastarono poche, succinte righe con cui l'editore Nerbini mi scrisse di tornare a Firenze, per riprendere la collaborazione interrotta dalla guerra, perch'io gettassi alle ortiche tutta la mia rispettabilità di professore, tutta la mia reputazione di pittore nonché cartellonista di successo e, abbandonata ogni altra onesta intenzione, prendessi il primo traghetto per il continente. Fu come un'iniezione di droga a un tossicodipendente che abbia smesso di bucarsi. La mia droga erano i fumetti e le illustrazioni. Il ritorno a Firenze fu meno entusiasmante di quanto avevo sognato ad occhi aperti nelle lunghe ore della traversata. Non trovai neppure la vecchia sede della Nerbini, centrata in pieno da un bomba, e l'atmosfera che percepii nei nuovi locali era tutt'altra cosa dallo spirito di dinamismo, di voglia di fare, di rifarsi, che m'attendevo". (158)
"Da Nerbini nel 1947 l'atmosfera, così come la sede, era cambiata, il dinamismo e l'entusiasmo di prima della guerra purtroppo erano venuti a mancare, rimaneva il 'lavoro sicuro', che Galep accettò comunque di buon grado". (159)
"L'editore mi propose due fumetti: un adattamento del 'Pinocchio' di Collodi e qualche episodio di 'Mandrake'. Già questo, come programma non era molto e, inoltre, confesso che mi sentii poco gratificato dall'idea di imitare, per 'Mandrake', i disegni e lo stile di un altro; ma ancora più deluso rimasi sentendo le altre proposte di lavoro: si trattava di una serie di illustrazioni per libri classici di cappa e spada e di fiabe, e per giornali a mezzatinta sul tipo di 'Grand Hotel', che in quel momento andava di moda. Comunque, quest'ultimo, almeno, era un lavoro che richiedeva le competenze tecniche e pittoriche da me acquisite proprio negli ultimi tempi, con lo studio dei ritratti; e perciò accettai anche quella proposta. L'impegno non era, però, tale da giustificare un mio trasferimento a Firenze, sicché, un pò mortificato, ritenni opportuno rientrare a Cagliari, dove avrei potuto egualmente eseguire quei lavori. E lì ricevetti anche una lettera dell'editore Del Duca, che mi proponeva una serie di albi a fumetti, da realizzare con comodo a casa mia. Di tutto questo lavoro, che mi tenne impegnato sino alla fine del 1947, uscì per primo il 'Pinocchio' a fumetti, la cui sceneggiatura fu curata dal mio grande amico, Marcello Serra, poeta e scrittore di innato talento. Seguirono le illustrazioni per il libro di fiabe 'Gli orchi, i maghi e le fate', per 'Il barone di Munchhausen', e infine quelle a mezzatinta per la 'Maschera di ferro'. Per i volumi della serie 'D'Artagnan contro Cyrano de Bergerac' realizzai delle illustrazioni al tratto, imitando le acqueforti. Fu una delle poche volte che usai la penna. (110)
"Gli incarichi comprendevano illustrazioni per romanzi di cappa e spada con D'Artagnan e Cyrano de Bergerac intitolati 'Il Cavalier Mistero' e 'Il segreto della Bastiglia'". (160)
"Realizza contemporaneamente anche le illustrazioni per alcuni classici della letteratura: 'I Tre Moschettieri', 'Le Mille e una Notte', e 'I Promessi Sposi". (18)
"Propone su 'Mistero' la storia 'La voce del Mare'". (79)
Gli dissero: "Lei ha anche eseguito belle illustrazioni, al tratto, per romanzi di cappa e spada. A chi si ispirava, come illustratore? A Gustavo Doré, Gustavino e Beltrame". (89)
"Naturalmente eseguivo anche i disegni per le copertine di quei volumi. Una di queste, realizzata a tempera per il libro ' Mille e una notte', dovette apparire particolarmente suggestiva ed evocativa di un mondo esotico, se più d'una volta l'ho vista riprodotta, anche in televisione, in riferimento all'atmosfera magica dell'Oriente. Per i giornali illustrati, tipo 'Grand Hotel', realizzai due storie destinate alle giovani lettrici: 'Mistero' e 'Chiaro di luna'. Eseguivo queste illustrazioni in due tempi, dapprima preparando su un foglio a parte un bozzetto a matita delle scene più impegnative riportandole poi sulle tavole a mezzatinta (usavo a tal fine l'inchiostro di china diluito). Purtroppo le tecniche di riproduzione erano scadenti e più d'una volta dovetti rammaricarmene, confrontando il 'prodotto finito' con i miei originali. Il personaggio di Mandrake non ebbe con me vita facile; non mi andava di imitare il disegno di un altro, costretto a spersonalizzare il mio stile; sicché, appena potei me ne sbarazzai, cedendo il lavoro a un collega, che continuò per molti anni". (13)
"Realizza alcuni albi Grandi Avventure con storie di Mandrake" (80)
"Disegnai 'Mandrake' per l'edizione italiana ma non mi piaceva ricopiare, volevo una storia mia, dei personaggi miei". (22)
"L'immagine degli eroi mascherati ha un grande fascino sui lettori di fumetto, grazie innanzitutto a Phantom, l'Uomo Mascherato, sbarcato nel nostro paese nel 1936 e diventato, al termine del conflitto, protagonista di numerose testate. Infatti, mentre Nerbini ristampa le storie già apparse nell'anteguerra su 'l'avventuroso' e affida la realizzazione di episodi apocrifi agli italiani Franco Donatelli e Aurelio Galleppini, altri editori si spartiscono la pubblicazione delle storie inedite". (14)
"Galep realizzò anche i disegni (copertine comprese) per alcuni albi di 'Mandrake', costretto ovviamente a imitare lo stile degli autori americani, lavoro che da artista ormai maturo ritenne davvero poco gratificante". (161)
"Deluso da quest'ultimo incarico, che lo costringeva a imitare i disegni e lo stile di un altro, Galep accettò la proposta dell'editore Del Duca". (111)
"Più soddisfazioni ebbi, naturalmente, nel realizzare una lunga serie di albi dell''Intrepido', che mi furono commissionati dall'editore Del Duca: 'Il mistero del castello di Fuentes', 'Il vendicatore', 'Alla conquista del nuovo mondo', 'Montezuma figlio del sole', 'La congiura di Spagna', 'La perla della Malesia', 'Capitan Lander', 'Il traditore', 'La perla azzurra', 'Il clan dei vendicatori', 'I dominatori dell'infinito', 'I misteri del pianeta Marte', 'Il premio del perdono', 'Naja', 'Il piccolo sergente'. (52)
Sempre per la Universo "realizza il breve ciclo di Naja e de 'I dominatori dell'infinito'". (82)
"Lavori che mostrarono già appieno la raggiunta maturità e l'efficacia del suo stile". (162)
“Aveva al suo attivo importanti esperienze artistiche: racconti a fumetti per Mondadori, per la Universo e per la Nerbini (fra le altre, una storia interamente made in Italy dell’americanissimo mago Mandrake), oltre a manifesti cinematografici, disegni pubblicitari, copertine di riviste e di libri e illustrazioni destinate a classici della letteratura”. (5)
"In effetti, forse non si è mai detto a sufficienza quanto fosse importante per Aurelio il colore, tant'è vero che, ormai rassegnato all'inesorabile bianco e nero a cui lo costringevano le strisce di Tex, prendeva al balzo tutte le rare occasioni che capitavano per dare una dimostrazione della sua bravura con le tempere e i pennelli. E penso alle tavole del suo 'Pinocchio', ai manifesti cinematografici, ai disegni pubblicitari, alle copertine di riviste come 'Chiaro di Luna e a quelle di libri come 'Le Mille e una notte', 'Il Cavaliere del Mistero' o 'La Maschera di Ferro', editi dalla Nerbini di Firenze nell'immediato dopoguerra". (92)
Gli chiesero: "Pittura e fumetto. Come hai conciliato le due cose e cosa hai amato di più? Inizialmente ho amato il fumetto e l'illustrazione, poi quando mi sono avvicinato alla pittura li ho trascurati, perché mi accorgevo di entrare in un mondo tutto nuovo dove i contorni non contano più. C'erano i colori, le dominanti, certi riflessi che sono tutte cose che il fumetto e l'illustrazione non hanno. Tornai, comunque, a questi ultimi, forse complice la guerra quando alla Nerbini venne a mancare Giove Toppi e mi affidarono tutto il lavoro che faceva lui e cioè la prima pagina dell''Avventuroso', le caricature sul 420 e illustrazioni di opuscoli sugli aeroplani. Dopo la guerra continuai con la pittura e, sempre per Nerbini illustrai alcuni libri di fiabe, di classici di cappa e spada, oltre al 'Pinocchio' di Collodi su sceneggiatura del mio caro amico, Marcello Serra. Poi sono saltati fuori i fumetti per la Bonelli". (95)
"Naturalmente fra un lavoro e l'altro continuai anche a interessarmi della pittura e della pubblicità. Eravamo verso la fine del 1947 ed ebbi anche il tempo di fare un lavoro insolito per un disegnatore di fumetti. A Cagliari dipinsi la cappella delle suore di S. Vincenzo". (154)
"S. Vincenzo De Paoli (Si dice fosse il 1945). Quattro grandi dipinti a olio e tempera, che illustrano episodi salienti della vita del santo, realizzati con uno stile semplice e realistico (accostabile a quello dei grandi illustratori del tempo come Beltrame o Molino) e posizionati vicino all'altare. Le scene rappresentano San Vincenzo e Luisa De Marillac nella congregazione parigina che raccoglieva i bimbi poveri; suore vincenziane fanno la carità all'uscita della chiesa; una suora dell'ordine vincenziano mentre distribuisce medaglie al popolo di Francia; La condanna alla ghigliottina della superiora vincenziana Maria Madeleine Fontaine e altre tra suore, durante la rivoluzione francese. Ci sono anche affreschi, decorazioni e una serie di piccoli quadretti, raffiguranti le stazioni della Via Crucis. Gli affreschi raffigurano scene delle apparizioni della Vergine a S. Caterina Labouré e l'apparizione del Sacro Cuore a una figlia della carità. La serie di 14 tavole della Via Crucis è rappresentata con uno stile più nervoso e drammatico, fatto di pennellate veloci ed efficaci inquadrature delle scene, quasi a far presagire i picchi artistici ottenuti anni più tardi dal maestro nella sua folgorante carriera di narratore di storie a fumetti". (155)
"Oltre alle pitture murali nei lunotti sopra l'altare, completavano l'opera quattro grandi tele a olio, una trentina di quadretti della Via Crucis e tutto il progetto delle modanature, realizzate a stucco dagli operai specializzati. Di quel lavoro ho un bel ricordo e mi spiace che due quadri, posti su una parete che subì un'infiltrazione d'acqua, siano stati intaccati dalla muffa". (156)
"Queste opere sono sempre state un piccolo e prezioso segreto che Galleppini volle rivelare solo ai familiari e a pochi amici intimi, forse perché frenato dal timore che qualcuno potesse giudicare irriverente per un disegnatore di fumetti il cimentarsi nell'arte religiosa. Bisogna tener conto che all'epoca (e anche fino agli anni '60) i fumetti non erano ben visti dalla cultura ufficiale, e i loro disegnatori erano assai poco considerati (se non disprezzati) negli ambienti artistici più classici. Un segreto sconosciuto alla maggioranza degli estimatori del grande maestro, preziose opere che l'artista (durante la sua ultima visita in Sardegna con la moglie e i due figli, nel 1984, in occasione della prima delle due mostre che la città di Cagliari gli volle dedicare) desiderò rivedere e firmare, ovviamente con la sua celeberrima sigla 'Galep'. Un grande desiderio del maestro era che queste sue opere pittoriche della Cappella delle suore di S. Vincenzo, viste le loro condizioni di degrado progressivo che perdura anche oggi, potessero venire un giorno finalmente restaurate. Recentemente sono stati riscoperti nel centro storico di Cagliari altri due dipinti di carattere religioso attribuiti a Galep, attualmente conservati nella chiesa di S. Lucia in Castello". (157)
"Concluso anche questo lavoro e non ricevendo per il momento altre commissioni da Nerbini o Del Duca, scrissi a vari editori milanesi, offrendo la mia collaborazione. Risposero tutti quelli a cui mi ero rivolto; fra tante proposte non esitai un istante ad accettare quella della casa editrice Audace. Come guidato da un sesto senso, ero sicuro che si trattava dell'occasione e della scelta giusta. Ma non fu proprio una premonizione; c'era una spiegazione di questa mia certezza e della rapida decisione: la lettera inviata dall'Audace era firmata da una donna, Tea Bonelli, che dirigeva in quegli anni la casa editrice. E, per l'appunto, avevo già maturato la convinzione che la presenza femminile fosse e sarebbe stata fondamentale nei momenti più significativi e fortunati della mia carriera. Fu, infatti Maria Pia Sorrentino, direttrice di 'Modellina', colei che mi aprì l'accesso al mondo editoriale; quando collaborai con l'editore Civita, trattai sempre con le sorelle Finzi, dotate di eccezionale correttezza e professionalità, e nel periodo 'nerbiniano' fui costantemente seguito dalla signora Marchionni, sempre prodiga di preziosi consigli e di insostituibile aiuto nella stesura dei testi". (53)
In quel periodo Tea Bonelli vuole "rilanciare la sua Azienda. Vuole dare corpo a produzioni nuove, fresche, accantonando le ristampe che avevano ormai esaurito il loro corso". (9)
Hanno chiesto a Galep: "Come sei arrivato alla Bonelli? Ricordo che avevo finito da poco il restauro degli affreschi di una cappella e avevo scritto una specie di circolare a tutte le case editrici del momento. Mi risposero quasi tutte e tra queste una che io non conoscevo. Era proprio la Tea Bonelli, la quale mi diceva che aveva bisogno di un disegnatore come me. All'epoca ero abbastanza conosciuto ed il mio nome alla Bonelli glielo aveva dato Franco Donatelli che avevo conosciuto al tempo in cui disegnavo Mandrake alla Nerbini e lasciai proprio a lui questo personaggio, in quanto mi ero scocciato di disegnarlo. Quindi hai accettato l'invito della Bonelli pur non conoscendola. Perché proprio lei e non un'altra casa editrice più nota? Perché, in fondo, sono stato sempre un romantico. Io ho cominciato a lavorare per 'Modellina' dove la direttrice era Maria Pia Sorrentino, una scrittrice che mi ha introdotto nel mondo dell'illustrazione e su soggetti suoi ho disegnato le storie 'Il Pane del soldato' e 'All'ombra del tricolore'. Poi, quando ho lavorato per Mondadori dovevo trattare con le sorelle Finzi che tenevano tutti i rapporti con l'editore argentino Civita e con le quali mi sono trovato benissimo. Nel periodo nerbiniano, fui costantemente seguito dalla signora Marchionni, mia padrona di casa e donna di grande cultura, che mi aiutò non poco con preziosi consigli nella stesura dei testi. Tra l'altro fu lei a suggerirmi di accorciare il mio nome in Galep. Infine, ricevo questa lettera dalla Tea Bonelli, anche qui una donna. Mi ero convinto quindi, che la presenza femminile per la mia carriera fosse una cosa fondamentale, se non proprio un elemento di fortuna, per cui in quel momento ho immaginato la Tea Bonelli come una fata che mi cercava ed ho risposto di sì". (115)
"Fino all'estate del 1948, Aurelio collaborò con l'Editrice Audace, tenendo per corrispondenza i rapporti di lavoro e inviando periodicamente a Milano le tavole via via disegnate. In questa fase, realizzò gli albi 'L'agguato della foresta', 'Il segreto della valle nascosta' e la storia 'Gli schiavi della mezzaluna', pubblicata successivamente a puntate su 'Occhio Cupo'". (117)
All'interno della Serie d'Oro Audace che conteneva 'Occhio Cupo' "trovarono posto altri fumetti (come ad esempio 'L'agguato nella foresta')". (164)
"Per sei mesi ho lavorato per lei senza conoscerci, facendo diversi albi come 'L'agguato nella foresta' e 'Il segreto della valle nascosta' rimanendo sempre a Cagliari. Poi un bel giorno, mi scrive una lettera, che conservo ancora, dove mi diceva che le storie di Furio cominciavano a calare d'interesse e che voleva lanciare un nuovo giornale. Andai a Milano e, parlando di cosa si poteva fare, proposi alla Bonelli di realizzare qualcosa di simile al 'Piccolo Sceriffo' come formato. Lei fu d'accordo e io preparai subito un menabò' simulazione di uno stampato sul quale sono incollati i testi e le prove delle illustrazioni 'che inviò a G.L. Bonelli e così quest'ultimo ha mandato la prima storia di Tex". (84)
In una lettera di Tea a Galep datata Milano 31 Maggio 1948 si legge: "Audace con Furio ha ormai stancato i ragazzi ed è necessario sostituirlo con un nuovo personaggio."
"Verso la fine del 1947 Galleppini prende i primi contatti con Tea Bonelli per avviare una nuova collaborazione. Nel giugno del 1948 riceve una lettera di risposta che lo sollecita a spostarsi a Milano. La signora Bonelli, infatti, aveva in mente una nuova pubblicazione da affidargli, in formato Albo Giornale, che 'avrebbe dovuto fare scintille': 'Occhio Cupo'". (6)
Un'altra pubblicazione fa dire a Galleppini: "Verso l'ottobre del 1948 la signora Bonelli mi scrisse una lettera con la richiesta di lavorare fisso presso la casa editrice". (165)
"Le ristampe di 'Furio' incominciavano a calare d'interesse, quindi faceva conto su di me per progettare insieme le nuove iniziative editoriali". (163)
Fabrizio Paladini parlando di Galleppini dice che “nel ’47 Gianluigi Bonelli e sua moglie lo contattarono e gli raccontarono le gesta di un cow-boy buono ma duro che doveva rappresentare il bisogno di giustizia e il sogno americano che la guerra ci aveva lasciato". (7)
Un sito Internet riporta una dichiarazione di Galep: "Ero a Cagliari e ricevetti una telefonata dalla signora Tea che mi invitava ad andare a Milano. Aveva intenzione di fare un nuovo personaggio e così, dopo averci pensato un pò, partii. Io le suggerii un eroe del West da realizzare nel formato striscia sia perché già esisteva un personaggio western che funzionava abbastanza, sia perché il formato era il più adatto al pubblico dei ragazzi, che lo potevano infilare in tasca o in borsa senza che nessuno se ne accorgesse. Presi la cosa a cuore". (55)
Raffaele De Falco e Pino Di Genua dicono che di Tex "Galep ha approntato anche un menabò" una specie di rivista sulla quale sono incollate le illustrazioni "ritagliando un albo di Molino!" (10)
"Feci un menabò che venne sottoposto a Bonelli padre". (166)
Galep: "Bonelli è stato quello che ha fatto funzionare al meglio l'idea. Uno può anche avere un'idea ma portarla al successo non è facile e Gian Luigi ci riusci in un modo che forse nemmeno lui si aspettava. Io ho solo contribuito da punto di vista grafico". (168)
"Tex fu progettato su misura per il tratto morbido, spedito, versatile di un giovane disegnatore su cui l'editore, la signora Tea, puntava moltissimo: Aurelio Galleppini, convocato a Milano dalla Sardegna in cui ancora abitava, nel giugno 1948". (56)
"Con un coraggio ammirevole per le difficoltà economiche di quei tempi, Galep lasciò la sua Sardegna per venire a Milano, nel 1948, legando il suo destino a una Casa editrice appena nata e quindi priva di future sicurezze". (57)
"Fu così che partii per Milano, abbandonando tavolozza e insegnamento del disegno, senza immaginare che, con quella decisione, stavo per dare una svolta importante alla mia vita". (118)
Gli hanno chiesto: "Lei ha collaborato anche al soggetto e alla sceneggiatura di Tex? No... contrariamente a quello che si può pensare, io non ho conosciuto di persona G. L. Bonelli, quando è nato Tex, ma solo un paio di anni dopo a Chiavari. Lui risiedeva in Liguria, e inviava le sceneggiature a Milano, all'Audace di Tea Bonelli. Ma già dalle sceneggiature avevo intuito che era un uomo schietto e di carattere indipendente". (86)
Gli chiesero: "Tu hai lavorato principalmente per quattro case editrici: Mondadori, Nerbini, Universo e Bonelli. Con quali hai avuto maggiori soddisfazioni? Soddisfazioni ne ho avute prima con la Mondadori, per la quale ho fatto i primi veri fumetti, ma anche con Nerbini perché avevano molta fiducia in me ed ero parecchio autonomo nel mio lavoro. Con la Universo, invece, pur avendo realizzato dei buoni lavori, di soddisfazioni ne ho avute veramente poche. I rapporti erano freddi! Con la Bonelli sì, perché la Bonelli si è affidata tutta a me". (83)
Gli chiesero: "Quali sono stati i momenti più felici della sua carriera? Senz'altro gli inizi della mia attività. Un altro momento che ricordo con grande felicità è stato il periodo in cui ho collaborato con Nerbini a Firenze, ma sopra ogni cosa la creazione del mio Tex, che mi ha anche regalato grandi soddisfazioni economiche" L'intervistatore: "Si identifica in Tex?" Galep: "Non proprio. Il mio carattere è differente, io sono più docile, meno impulsivo. Chi si identifica in pieno in Tex è invece Gianluigi Bonelli. Lui è il Tex in persona". (166)
"Gli hanno chiesto: "Disegno umoristico, satirico, di guerra, d'avventura, western, tutti generi che tu hai affrontato in questi anni. Con quale ti sei trovato più a tuo agio? Da giovane mi trovavo meglio a disegnare macchine, aeroplani, cruiscotti, roba meccanica per intenderci, perché essendo in aviazione potevo riprodurla dal vero, grazie ad una mano molto ferma. Difatti alla Nerbini mi avevano messo un soprannome, quando entravo in redazione c'era il povero Giove Toppi che diceva: 'Ecco, arriva il meccanico!' con quella sua cadenza toscana. Eravamo io e Caesar a fare queste cose. Lui, furbacchione, conosceva già l'episcopio, mentre io, non sapevo niente e il tutto doveva uscire dalla mia fantasia e dal mio modo di disegnare e pensare. Questo per quanto riguarda quel periodo, per il resto mi trovo molto a mio agio con il western, in particolar modo le scene dove ci sono i cavalli. Il cavallo è un animale che mi piace disegnare, che mi attira parecchio e, credo, di saperlo disegnare. Quello che mi affligge, invece, sono le scene degli interni, delle case, degli uffici, i corridoi con tutte le porte, ecc. che poi sono l'ideale, perché con la squadretta si costruisce tutto facilmente. Per me, invece, è una cosa noiosa". (94)
Franco Busatta a Sergio Bonelli: "In un'intervista degli anni Settanta, Galep si dice dispiaciuto di non avere più potuto realizzare fumetti in stile caricaturale, com'era accaduto prima della nascita di Tex. E, scorrendo il testo, si ha l'impressione che dedicarsi soltanto a questo personaggio dopo la sua nascita, gli sia costato. L'irruzione dei disegnini umoristici nelle strisce di Tex sembra già un segno di questo rapporto un pò limitante che, pur con tutte le gratificazioni possibili, è intercorso tra lui e Tex". E Sergio: "Non è così raro che il creatore di un personaggio fatichi a sostenerne il successo.Purtroppo è difficile allontanarsene, perché i lettori diventano molto esigenti, quando scatta un rapporto di affetto nei confronti dei primi narratori di una serie". (169)
Sergio Bonelli: "Nella sua casa di Chiavari, quando andavo a trovarlo, avevo il privilegio di ammirare i suoi quadri, che lui mi mostrava con l'orgoglio di chi sa di avere espresso su quelle tele una parte importante del proprio mondo poetico. E poiché era sempre puntualissimo con le consegne delle sue tavole a fumetti, mi trovavo a pensare che, di sicuro, le aveva dipinte nei pochi momenti di pausa, rubando tempo al sonno, o sacrificando una passeggiata pomeridiana. Non certo, però, trascurando i familiari che, al contrario, appoggiavano con entusiasmo questa sua attività parallela, e aspettavano con impazienza che una nuova fatica fosse terminata, per appendere il quadro su una parete della casa scelta mediante una specie di mini referendum. Erano quadri davvero emozionanti, ma quando mi azzardavo a esprimergli la mia ammirazione, Aurelio si scherniva e minimizzava, liquidandomi con una battuta ironica: 'Dipingere è la mia garanzia di sopravvivenza per il futuro, quando i lettori di Tex non ne vorranno più sapere di me, me ne andrò per le fiere di paese a vendere i miei paesaggi...'". (170)
Galleppini: "Solo la passione mi ha guidato nei momenti difficili e nelle scelte determinanti e, sorretta dalla costanza, ha trasformato il generoso autodidatta nel serio professionista". (172)
_________________
(5) Graziano Frediani, 'Il West sulla pelle', p. 20, 22, su Gli eroi dei fumetti di Panorama, n. 1, luglio 2005, supplemento a Panorama, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.
(6) Luigi Codazzi, 'Gli autori: Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini', p. 15, su "I classici del fumetto - Tex di Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini", BUR Biblioteca Universale Rizzoli, Rizzoli Editrice, RCS Libri S.p.A., Milano, 10 novembre 1999.
(7) Fabrizio Paladini, 'Tex passa di mano', su "Il Messaggero", del 10 marzo 1994, p. 22, Caltagirone Editore, Roma.
(9) Aprile 1994. Raffaele De Falco e Pino Di Genua, "Cronistoria editoriale: 'l'avventura' - parte I - L'inizio '48-'50", p. 11, su Tex tra la leggenda & il mito, Tornado Press, Marano di Napoli.
(10) Aprile 1994. Raffaele De Falco e Pino Di Genua, "Cronistoria editoriale: 'l'avventura' - parte I - L'inizio '48-'50'', p. 12, su Tex tra la leggenda & il mito, Tornado Press, Marano di Napoli.
(13) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', pagine 53 - 54, 57, Ikon Editrice, Milano.
(14) Ottobre 2012. Gianni Bono e Gabriele Ferrero '1943-1948 La ricostruzione della fantasia - Modernizzazione del fumetto popolare', p. 127, su "Fumetto! 150 anni di storie italiane" di Gianni Bono e Matteo Stefanelli, Rizzoli Editrice, RCS libri S.p.A., Milano.
(18) 'Aurelio Galleppini - gli inizi', sul sito Internet di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Aurelio_Galleppini
(22) Aurelio Galleppini intervistato da Fabrizio Paladini 'Il cow-boy della porta accanto' su "Il Messaggero" del 25 settembre 1988, p. 15, Caltagirone Editore, Roma.
(51) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 42, Ikon Editrice, Milano.
(52) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 58, Ikon Editrice, Milano.
(53) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 59 - 60, Ikon Editrice, Milano.
(55) Si firma 12fabio6 baron samedi sul sito Internet Collezionismo fumetti: http://www.collezionismofumetti.com/fumetti.php?idx=8954
(56) Febbraio 2002. Graziano Frediani, 'Il mio nome è Tex!', p. 46, su "G. L. Bonelli. Sotto il Segno dell'Avventura", di Graziano Frediani, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano, allegato all'Almanacco del West del 2002.
(57) Sergio Bonelli, 'Cari amici', su Tex n. 402, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano, aprile 1994, p. 4.
(79) Luciano Tamagnini 'Fumettografia essenziale ante - Audace', p. 17, su "Dime Press - magazzino bonelliano" n. 7, maggio 1994, Glamour International Production, Firenze.
(80) Luciano Tamagnini 'Fumettografia essenziale ante - Audace', p. 17, su "Dime Press - magazzino bonelliano" n. 7, maggio 1994, Glamour International Production, Firenze.
(82) Luciano Tamagnini 'Fumettografia essenziale ante - Audace', p. 17, su "Dime Press - magazzino bonelliano" n. 7, maggio 1994, Glamour International Production, Firenze.
(83) Marzo 1997. Luigi Marcianò 'Galep, Galep, hurrà', p. 23, su 'L'uomo del Tex' di Pasquale Iozzino, Alessandro Tesauro Editore, Atripalda (AV).
(84) Marzo 1997. Luigi Marcianò 'Galep, Galep, hurrà', p. 23, 24, su 'L'uomo del Tex' di Pasquale Iozzino, Alessandro Tesauro Editore, Atripalda (AV).
(86) Marzo 1997. Pasquale Iozzino, 'Il Trentino come il West americano', p. 11, su 'L'uomo del Tex' di Pasquale Iozzino, Alessandro Tesauro Editore, Atripalda (AV).
(89) Dicembre 1998. Pasquale Iozzino 'Il Trentino come il West americano', su 'Sotto il segno di Tex', p. 133, Alessandro Tesauro Editore, Atripalda (AV).
(92) Sergio Bonelli e Graziano Frediani, 'Il mondo segreto del pittore Galep', su Tex collezione storica a colori Repubblica – L’Espresso, n. 10, 2007, p. 10, Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A., Roma.
(94) Luigi Marcianò, 'Galep, Galep, Hurrà!', su Fumetti d'Italia, n. 5, dicembre 1992, p. 10, 12, Editrice Europa S.r.l., Milano.
(95) Luigi Marcianò, 'Galep, Galep, Hurrà!', su Fumetti d'Italia, n. 5, dicembre 1992, p. 12, Editrice Europa S.r.l., Milano.
(110) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 47 - 9, 53, Ikon Editrice, Milano.
(111) Stefano Marzorati 'Da Galleppini a Galep, da Galep a Tex', su Tex Stella d'Oro, n. 3, febbraio 2006, introduzione, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano.
(115) Marzo 1997. Luigi Marcianò 'Galep, Galep, hurrà', p. 23, 24, su 'L'uomo del Tex' di Pasquale Iozzino, Alessandro Tesauro Editore, Atripalda (AV).
(117) Stefano Marzorati 'Da Galleppini a Galep, da Galep a Tex', su Tex Stella d'Oro, n. 3, febbraio 2006, introduzione, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano.
(118) Stefano Marzorati 'Da Galleppini a Galep, da Galep a Tex', su Tex Stella d'Oro, n. 3, febbraio 2006, introduzione, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano.
(145) Stefano Marzorati 'Da Galleppini a Galep, da Galep a Tex', su Tex Stella d'Oro, n. 3, febbraio 2006, introduzione, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano.
(146) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 42, Ikon Editrice, Milano.
(147) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 42, 45 - 47, Ikon Editrice, Milano.
(148) Stefano Marzorati 'Da Galleppini a Galep, da Galep a Tex', su Tex Stella d'Oro, n. 3, febbraio 2006, introduzione, Sergio Bonelli Editore S.p.A., Milano.
(152) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 42, 45 - 7, Ikon Editrice, Milano.
(153) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 20, Panini Comics, Modena.
(154) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 59 - 60, Ikon Editrice, Milano.
(155) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 20-21, Panini Comics, Modena.
(156) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 59 - 60, Ikon Editrice, Milano.
(157) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 21, Panini Comics, Modena.
(158) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 47 - 49, 53, Ikon Editrice, Milano.
(159) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 22, Panini Comics, Modena.
(160) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 22, Panini Comics, Modena.
(161) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 22, 24, Panini Comics, Modena.
(162) 2012. Graziano Romani 'L'arte di Galep', p. 24, Panini Comics, Modena.
(163) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 62, Ikon Editrice, Milano.
(164) Luciano Tamagnini 'Dedicato a Galep', su "Dime Press, Magazzino bonelliano" n. 7, maggio 1994, p. 15, Glamour International Production, Firenze.
(165) 'L'uomo di 'Tex'', p. 101, su Status Symbol, Edizioni Eden, anno II (1993), n. 8, Rho (MI).
(166) 'L'uomo di 'Tex'', p. 101, su Status Symbol, Edizioni Eden, anno II (1993), n. 8, Rho (MI).
(168) R. Vallasciani e Francesco Bosco 'Incontro con Galep', 11 dicembre 1993, sul sito Internet: http://www.baciespari.it/NEW%20gli%20autori/NEW_gli_autori_LE_INTERVISTE%20Galep.htm
(169) Maggio 1998. Franco Busatta intervista Sergio Bonelli, su 'Come Tex non c'è nessuno', Editrice PuntoZero S.r.l., Bologna, p. 25-26.
(170) Marzo 1997. Pasquale Iozzino, 'Il mio amico Aurelio Galleppini', p. 29, su L'uomo del Tex, di Pasquale Iozzino, Alessandro Tesauro Editore, Atripalda (AV).
(171) Aurelio Galleppini intervistato da Fabrizio Paladini 'Il cow-boy della porta accanto', su 'Il Messaggero', del 25 settembre 1988, p. 15, Caltagirone editore, Roma.
(172) Dicembre 1989. Aurelio Galleppini "L'arte dell'avventura', p. 7, Ikon Editrice, Milano.